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Una riflessione amara



Il mare d'inverno è l'unica cura in questo periodo che odora di odio, così non resta che scappare verso il mare (in questo caso di Tertenia) per respirare l'aria pulita e la libertà, lontano da tutto e dal rumore che fa la gente.
Ovunque da due anni si parla soltanto di malattia. Negare la realtà, minimizzare gli eventi nefasti e luttuosi da parte dei mass media e dei vari social ha favorito, soprattutto nel 2021, la diffusione del pensiero magico ostile alla ricerca scientifica ed alle sue conquiste. L'illusione che tutto torni esattamente come era prima è diventata un'ossessione. 
Eppure accettare il cambiamento ed adattarsi, impegnarsi per trovare soluzioni nuove è il gioco evolutivo al quale siamo sottoposti ogni giorno per il solo fatto di essere vivi. 
E' un gioco brutale. Siamo narcisi e ci vantiamo di possedere in esclusiva un'intelligenza superiore rispetto ad ogni altro essere vivente su questo pianeta. La nostra superiorità antropocentrica è stata beffata da un virus la cui intelligenza è valutata come minimale e non degna di far parte del regno dei viventi.
E' noto a tutti che i virus sono su questo pianeta da miliardi di anni, mentre noi siamo gli ultimi arrivati, basterebbe partire da questo fatto per fare immediatamente un bagno di umiltà e smetterla di vantarci.
Non ho la pretesa di offrire soluzioni e per questo mi affido alla scienza, sono consapevole di avere la fortuna di vivere in una società evoluta che può utilizzare molti strumenti, tra cui i vaccini, per sconfiggere anche questo virus. La paura della scienza in molte persone è superiore a quella di contrarre una malattia, comprendere questa paura è fondamentale per superarla. La paura e la diffidenza verso i vaccini ha origini lontanissime e si ripete sistematicamente di decennio in decennio. Una lettera triste e dolorosa, scritta nel lontano 1986 dallo scrittore Roald Dahal (noto per i libri La Fabbrica di Cioccolato, I Gremlins, Matilde solo per citarne alcuni), invitava i genitori britannici a vaccinare i propri figli contro il morbillo ed a vincere ogni paura al riguardo.
Il motivo per il quale Roald Dahal aveva scritto l'invito era drammatico, sua figlia Olivia nel 1962 era deceduta a soli sette anni, a causa di un'encefalite dopo aver contratto il morbillo, il destino di sua figlia era segnato, come quello di tanti altri bambini, perché all'epoca non esisteva alcun vaccino contro la malattia. 
Ho citato la lettera di Dahal perché ritengo sia fondamentale comunicare in modo empatico il valore della scienza per tentare di vincere le diffidenze, non di tutti ma almeno di alcuni.  Ma la comunicazione del nostro tempo non è stata fatta in modo efficace ed empatico e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Si è fomentato l'odio sociale, anziché promuovere la solidarietà tanto invocata nei primi mesi della pandemia. Il tempo di prima non esiste più, invece di guardare indietro, sarebbe meglio immaginare un tempo futuro dove al centro della società si pone un valore fondamentale: quello dell'essere umano, a partire dalla sua dignità, serve pensare ad una nuova cultura perché al momento sembriamo diretti a folle velocità verso l'estinzione di tutto ciò che è umano.












 

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